Tv e Sinistra, manuale per cene tra amici

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di Stefano Balassone, su Europa Quotidiano dell’11 giugno 2009


Nel 1993, intervistati, prevedemmo che l’incombente Futuro del satellite avrebbe sconquassato il Presente, del soi disant Servizio pubblico e del complementare monopolio commerciale di un imprenditore politico. Presbiopia da wishful thinking!. Non sapevamo di essere appena a metà della guerra descritta da Franco Debenedetti e Antonio Pilati in due separati saggi, raccolti in un unico libro: La Guerra dei trent’anni. Politica e Televisione in Italia, 1975-2008 (Einaudi).


Tutto sta in una frase di Bobbio del 1994: «Questa società ha degli interessi che non sono quelli della sinistra». Straniera in patria, la Sinistra (cattolica, post comunista, azionista) si è trincerata nel racconto consolatorio fornito da un quotidiano come la Repubblica (in difesa della civiltà etica, giuridica eccetera, contro la barbarie italiota da sempre in agguato) e non ha saputo né impedire né gestire l’affermazione (di cui Pilati spiega le ragioni strutturali) della tv commerciale, che agli italioti ha fornito bandiera e coscienza di sé, in nome del consumo e contro le tasse.
La guerra oggi è conclusa, per sfinimento della Sinistra e per l’intervento di Murdoch che, con molti anni di ritardo, ha un po’ soddisfatto il nostro antico desiderio di sconquasso. Ma una pace vera non c’è: la Rai non ha ancora una missione confessabile che ne giustifichi l’esistenza e quindi può solo sopravvivere, ma non vivere; il conflitto di interessi è ancora intatto.
Anche la Sinistra è ancora in sospeso: non riesce a narrare al paese una prospettiva che comprenda «interessi, desideri e sogni diversi… emblematicamente rappresentati dalla televisione berlusconiana». Non riesce, in sostanza, a uscire da se stessa e a riconciliarsi con il paese e, se continua così, da noi non potrà mai nascere un Obama.
Nel libro si trovano temi che compaiono ad ogni cena fra amici con ascendenze variamente di Sinistra.
Puntualmente, si arriva al caffè, ma non a una conclusione condivisa.
C’è chi ritiene che gli “altri” siano troppo altri per poterli comprendere senza perdere se stessi. E c’è invece chi è pronto a rischiare di perdersi pur di non imbalsamare se stesso.
Siamo, come dire, ai preliminari etici e temperamentali della produzione di un pensiero. Il libro una sua scelta la fa, puntando sulla convergenza degli «innovatori presenti a destra e a sinistra» (Debenedetti). Ha comunque il merito di offrire una grande e ordinata quantità di materiale politico, culturale, giuridico e tecnico. Anche i dibattiti conviviali potrebbero giovarsene.





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