Politica e televisione: la lunga anomalia italiana
di Natascha Fioretti, da Il Corriere del Ticino del 03 Luglio 2009
Non è una novità che il sistema televisivo italiano rappresenti un’anomalia rispetto a quello degli altri Paesi europei, in particolare per il suo rapporto a doppio filo con la politica e la sua dipendenza dai poteri forti. Sull’argomento si è già scritto tanto, soprattutto da quando il proprietario delle tre maggiori Tv commerciali si è candidato in politica e per quattro volte è stato eletto presidente del Consiglio. Detto questo, è di recente uscito un libro in Italia, che torna a parlare della questione ma lo fa in modo originale, controcorrente rispetto ai soliti clichés e luoghi comuni in passato spesi sull’argomento, e, soprattutto, con l’occhio critico e sapiente di chi conosce la materia, quella politica, ed è il caso di Franco Debenedetti (senatore con il centrosinistra per tre legislature) e quella normativo-legislativa, ed è il caso di Antonio Pilati (componente dell’Autorità garante della Concorrenza e del mercato).
Il titolo «La Guerra dei trent’anni – Politica e televisione in Italia 1975-2008» parla per sé, e il riferimento al conflitto che nel Seicento devastò l’Europa è tutt’altro che casuale. Si tratta di una metafora voluta per dimostrare come l’ingresso del privato, della televisione commerciale nel sistema televisivo e politico italiano a metà degli anni Settanta, abbia dato vita ad un vero e proprio conflitto di interessi durato trent’anni, durante il quale ci si è preoccupati, da un lato, di mantenere il monopolio del servizio pubblico e di limitare l’espansione del settore privato, ingaggiando una guerra di potere in nome del conflitto di interessi; dall’altro, sono state fatte proprie certe anomale logiche politiche e di mercato già esistenti (dunque il conflitto di interessi è un male che affligge il sistema televisivo italiano già molto prima di Berlusconi ed è un problema soprattutto politico) utilizzandole nel quadro della creazione e dello sviluppo del polo televisivo commerciale.
E se, un po’ per sfinimento, come la guerra citata, un po’ per la crisi finanziaria e le innovazioni tecnologiche, il conflitto televisivo sta volgendo al termine, quello politico persiste, e lo farà fino a quando, a sinistra come a destra, non si abbandoneranno quelle logore e consunte logiche corporative da sempre insite nel sistema politico italiano. Quelle stesse che, dall’inizio, hanno impedito di comprendere le reali opportunità e prospettive che la Tv commerciale offriva, e dunque di agevolarla e di regolamentarla, trasformando una guerra televisiva prima, in una guerra tra partiti, poi, con l’entrata in politica di Silvio Berlusconi, tra schieramenti e ideologie politiche opposte. Quindi, nel panorama dei molti scritti sul tema, il libro ha il pregio principale di proporre una nuova chiave di interpretazione e di lettura. In particolare la prima parte, quella di Franco Debenedetti, che oltre alla fortunata metafora propone una serie di azzeccati rimandi letterari e argute riflessioni, figlie del nostro tempo e di chi il mondo politico italiano lo ha vissuto da vicino. La seconda, di Antonio Pilati, è ricca e ben documentata, con abbondanza di elementi tecnici che la rendono sicuramente stimolante per chi è addentro alla questione televisiva ma che rischiano di far arenare il lettore meno esperto.
08.ago.2009
[...] metà degli anni Settanta, abbia dato vita ad un vero e proprio conflitto di interessi, dice ancora Debenedetti, durato trent’anni, durante il quale ci si è preoccupati, da un lato, di mantenere il monopolio [...]