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La questione televisiva ha avuto un ruolo di primo piano sulla scena politica italiana. È stata una guerra di potere travestita da guerra di religione, volta ad annientare l’avversario. È durata trent’anni.



4 Comments

dada says:
08.giu.2009

mi ha fatto piacere vederti anche se solo sullo schermo.
la presentazione del libro è molto interessante e aspettiamo di leggerlo!
a presto
dada

stefano mirti says:
21.giu.2009

Buonasera,

ho appena finito di leggere la parte del libro di Franco: molto interessante, ho imparato un sacco di cose che non sapevo,
grazie.

Qualche anno fa (inizio anni ottanta), era uscito questo video dei Bungles: “Video killed the radio star”

> http://www.youtube.com/watch?v=gKJHRisppCo&feature=fvst

“La guerra dei trent’anni” mi sembra un titolo bellissimo e mi piace molto, pero’,
dopo la lettura della parte di Franco, mi viene in mente quella canzone come sottotitolo…

(“Video killed Eugenio Scalfari e il suo sogno tecnocratico discretamente fascistoide).

Una guerra colossale durata trent’anni, due squadre in campo. Se pero’ da un lato schieri Fiorello e Kaka’ e dall’altro gli metti contro Ugo La Malfa ed Enrico Berlinguer (allenati da Scalfari), l’esito e’ abbastanza scontato.

Curioso che “La Repubblica”, anziche’ accettare che il mondo (non l’italia, il mondo), va in un’altra direzione da quella che vogliono loro, non se ne fanno ragione alcuna.

Decidono di asserragliarsi nel ridotto della Valtellina, sperando che un qualche magistrato Von Braun gli tiri fuori la V2 che gli fa vincere la guerra fuori tempo massimo.

Mah…

Comunque, a parte le considerazoni sull’attualita’, e’ stata una lettura interessantissima,
che mi fa venire un sacco di pensieri.

grazie + buona domenica

stefano

ps.

Se dovessi fare un’unica osservazione, nei capitoli in cui si da l’inquadramento “filosofico” generale, ho trovato curioso citare Pasolini e Vattimo (e non citare mai Debord).

In un libro dedicato alla guerra dei trent’anni intorno alla televisione, se ci sono (o se non ci sono) Vattimo o Pasolini e’ tutto sommato irrilevante (nessuno dei due aveva capito granche’),

mentre invece, mi sarei aspettato maggiore attenzione a Debord, a McLuhan ed eventualmente (se si voleva fare i sofisticati) a Jean Baudrillard e Derrick De Kerckhove.

Il libro e’ riuscito (idee molto interessanti, non solo per un lettore italiano ma anche per uno straniero che lo dovesse leggere), dopodiche’, forse i riferimenti sono un filo locali…

Peraltro,
anche il semprecitato Umberto Eco e’ un altro trombone che ha contribuito non poco a fare rimanere la sinistra all’eta’ della pietra

comunque sia,
Twitter e Google se li mangeranno tutti, che siano editori di giornali di carta o padroni di venti televisioni

vedremo che succede…

ciao

Stefano

stefano mirti says:
25.giu.2009

un’altra postilla al mio commento dell’altro giorno.

visto il tema reale, mi sarei immaginato una presentazione con scalfari e con gianni letta (essendo che la guerra e’ politca, in un sistema in cui la televisione e’ un mezzo).

avere la presentazion pubblica con confalonieri e veltroni forse induceva all’equivoco.

non so.
da pensarci

Fabio says:
25.giu.2009

Buongiorno,

ho letto la prima parte
e cominciato adesso la seconda, che pero’ non regge la prima.

Dato il lavoro complessivo,
reputo che questo sia un po’ un limite

Cordialmente

Fabio

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