E il commissario Antitrust smaschera le bugie di Veltroni

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da Il Giornale del 25 Giugno 2009

Nello scrivere a proposito del libro La guerra dei trent’anni. Politica e televisione in Italia (1975-2008) (Einaudi, pagg. XIII-303, euro 19) di Franco Debenedetti e Antonio Pilati – ma in questa pagina mi occuperò solo del secondo – devo premettere di essere stato (sia pur lievissimamente e per brevissimo periodo) maldisposto verso uno dei due autori, l’autorevole commissario all’Antitrust Pilati, perché mi ha invitato a una presentazione del suo saggio dove oltre a lui e altri eccellenti discussori come il co-autore Debenedetti, Fedele Confalonieri, il perfetto moderatore Ferruccio de Bortoli, è intervenuto anche un Walter Veltroni, ormai libero da responsabilità politiche e dunque ancora più retorico del solito, che ha descritto la lunga guerra sulla tv del Pci, poi Pds, poi Ds, poi Pd come una grande battaglia «liberale» per le «regole».

Meno male che, a superare l’irritazione che mi provoca spesso l’ineffabile ipocrisia veltroniana, Pilati ha tirato fuori un perfetto esempio di complessità del reale: roba forte che funziona sempre come antidoto di banalità e retorica. Ha ricordato come in Italia vi sia un settore televisivo in cui la liberalizzazione è avvenuta in modo – parole pilatiane – selvatico, con regole appiccicate dopo le trasformazioni determinate dai soggetti del mercato. Questo «modo» ha consentito una perfetta competizione negli anni Ottanta, un’apertura stabile (eufemismo per definire lo sforzo eroico della tv privata sotto bombardamenti di tutti i tipi) di un sistema misto negli anni Novanta, l’entrata a piene vele grazie al governo di centrodestra della corazzata murdochiana nel 2003 come terzo grande soggetto del sistema televisivo. Invece nell’affine settore delle telecomunicazioni, le cose sono andate come leggiadramente chiede Veltroni: si sono fissate regole e authority, poi si è privatizzato Telecom Italia e ora ci si trova un mercato fiacco, con l’ex monopolista incombente e scarsa dinamicità industriale del comparto.
La virtù di Pilati è esporre i fatti senza arroganza ideologica, con maestria logica che parla per se stessa. In questo senso La guerra dei trent’anni è un libro esemplare, e la parte pilatiana merita di essere degustata con particolare cura.
Ricche le annotazioni politiche che accompagnano il racconto della guerra sulla tv durata trent’anni, fra un provvedimento legislativo sulla tv e un «balzo» produttivo dei mezzi di comunicazione. Esemplare quella sui rapporti fra Dc e Pci negli anni Settanta: mentre in Occidente tra le grandi forze di governo e le principali forze d’opposizione c’era convergenza sui grandi principi (sistema liberale, economia di mercato, difesa del mondo libero) e scontri anche duri sulle questioni di gestione corrente, in Italia i due capigruppo della metà degli anni Settanta, Giulio Andreotti e Pietro Ingrao, si contrapponevano sui principi e filavano d’amore e d’accordo sulla «gestione» (tipo spartizione della Rai).
Convincente la ricostruzione degli anni Ottanta: quando il Pci berlingueriano ha l’encefalogramma piatto e per disputarsi la sua copiosa eredità scendono in campo Bettino Craxi e Eugenio Scalfari. Vince quest’ultimo ma eredita solo macerie. Macerie che i legittimi eredi, D’Alema e Veltroni, non sono capaci di restaurare quando se ne presenta l’occasione. Televisivamente parlando Pilati legge così l’abbandono della buona legge Maccanico e la scelta veltroniana di appoggiare Leoluca Orlando come presidente della commissione vigilanza della Rai. Chance di Walter & Max per cambiare qualcosa, però lasciate per strada. Ma l’analisi del libro non è centrata solo o principalmente sulla politica. Excursus di respiro riguardano il rapporto tra grande distribuzione e mezzi di comunicazione. Magistrale la descrizione della funzione della «marca» tra capitale e racconto, e così quella del nuovo consumatore soggetto anche politico, e infine la rivoluzione digitale.
Se nell’analisi politica Pilati dà dei punti ai migliori specialisti, in quella sulla realtà industriale del prodotto televisivo dà la birra a tutti. Leggetevelo.



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